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Testamento dell’incapace e azione di annullamento

Regime probatorio nell’azione di annullamento del testamento dell’incapace

L’azione di annullamento per incapacità naturale del testatore ex art. 591, co. 2, n. 3, cod. civ. è tradizionalmente assoggettata dalla giurisprudenza ad un onere probatorio molto rigoroso.

La stessa, infatti, esige la prova non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, quanto piuttosto di una infermità, permanente o transitoria, ovvero di altra causa perturbatrice tale da privare il soggetto in modo assoluto della coscienza dei propri atti, giungendo quindi non semplicemente a compromettere, ma ad escludere del tutto, la sua capacità di autodeterminazione.

L’orientamento della giurisprudenza

Secondo la Cassazione “L’annullamento del testamento per incapacità naturale del testatore postula l’esistenza, non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi” (Cass. civ., Sez. II, 29 aprile 2019, n. 11358. In senso conforme i segnalano Cass. civ., Sez. VI, 19 febbraio 2018, n. 3934, Cass. civ., Sez. VI, 16 dicembre 2016, n. 26093; Cass. civ., Sez. II., 23 dicembre 2014, n. 27351; Cass. civ., Sez. VI, 6 novembre 2013, n. 24881; Cass. civ., Sez. II, 24 giugno 2011, n. 13989; Cass. civ., Sez. II, 12 agosto 2010, n. 18640; Cass. civ., Sez. II, 15 aprile 2010, n. 9081).

Meritevole di nota è Cass. civ., Sez. VI, 22 gennaio 2019, n. 1682 che, a proposito di disturbo bipolare, ha affermato che «il disturbo bipolare, pur con esito di grave compromissione della capacità di autodeterminazione, in assenza di una formale pronuncia di interdizione, non comporta una incapacità naturale del testatore, in quanto tale condizione non determina un assoluto stato di incoscienza né la perdita della capacità di autodeterminarsi e la conseguente necessità di assistenza ai fini del compimento di atti di ordinaria e straordinaria amministrazione»

Il momento dell’accertamento

Parimenti importante è il momento rispetto al quale deve essere condotta l’indagine sullo stato di (in)capacità del testatore.

Ebbene, lo stato di incapacità naturale assoluta deve essere accertato con riferimento all’esatto momento della redazione del testamento e non, genericamente, al tempo dell’atto (Cass. civ., Sez. II, 7 luglio 1978, n. 3411). Alla ridetta regula juris fa eccezione l’ipotesi in cui il de cuius, benché non interdetto, risultasse affetto (rectius: sia stato provato che lo stesso fosse affetto) da incapacità totale permanente ovvero allorché detta incapacità (totale) sia accertata in due periodi prossimi nel tempo, presumendosi in tal caso la sua sussistenza anche nel tempo intermedio.

In tali frangenti, infatti, è la parte che sostiene la validità del testamento a dover dimostrare che il soggetto ha agito in una fase di lucido intervallo o di remissione della patologia, con l’effetto di determinare, in concreto, un’inversione dell’onere della prova.

Anche a tale ultimo riguardo la giurisprudenza della Cassazione è unanime nel sostenere che «Poiché lo stato di capacità costituisce la regola e quello di incapacità l’eccezione, spetta a chi impugni il testamento dimostrare la dedotta incapacità, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacità totale e permanente, nel qual caso grava, invece, su chi voglia avvalersene provarne la corrispondente redazione in un momento di lucido intervallo» (Cass. civ., Sez. VI, 19 febbraio 2018, n. 3934).

Qualora non ricorra tale situazione, torna ad applicarsi il generale principio secondo cui lo stato di capacità costituisce la regola e quello di incapacità l’eccezione, con la conseguenza che spetta a chi impugni il testamento dimostrare che esso fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere, secondo i criteri probatori sopra illustrati.

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